Rock nell’anima…

bruce

Anni passati a rincorrere la musica, le note come visioni, il rock come rivelazione. Sono ormai lontani gli anni in cui sentivi quella sensazione di eccitazione che ti faceva palpitare il cuore tanto che quasi sentivi il gusto dell’adrenalina in bocca. Il mio primo concerto veramente importante, quello che ha segnato tutta la mia esistenza musicale e non, fu a Torino.

A vedere cosa vi chiederete voi? beh, diciamo che comprai un biglietto per fare un giro nel tunnel dell’amore. Eravamo giovani e liberi, giovani e vergini, come una lavagna bianca, come un mare agitato in tempesta che voleva sbriciolare gli scogli e farsi largo contro le bianche barriere di Dover. Eravamo innocenti, incoscienti, eravamo noi e il mondo era fuori.

Conservo gelosamente quel biglietto un po’ logoro, mezzo strapazzato, con gli angoli strappati e i colori che piano a piano si sbiadiscono. Lo conservo come conservo tutti i miei ricordi buttati lì, alla rinfusa, come cenci sgualciti sulla seggiola in camera da letto, uno sopra l’altro mischiati, confusi, a volte consumati. Quando capita che in giornate come queste, quando torna a suonare in quello stadio, visto e rivisto, quando vedi le foto su FB, i post di chi da sempre ti ha accompagnato nella vita e condiviso esperienze come queste, ti senti amareggiato, deluso, ti senti sconfitto e vuoto dentro. Mi mancano i concerti come questo, mi manca quell’adrenalina che sale, quella sana sensazione di vivere qualcosa di grande, quel pezzetto di puzzle che serve a riempire un vuoto o a completare un angolo nella tua mente fatto di pensieri e di sogni .

La vita spesso ti fa scherzi stupidi, a volte atroci, a volte beffardi e allora arrivi dopo anni di sacrifici di sogni infranti contro le vetrate di una porta, di delusioni e amarezza, allora arrivi a pensare che nella vita ci sono momenti che passano e non ritornano più.

Ti fermi a pensare e a ripensare, cominci a tirare di nuovo le somme, a maledire quei contratti a tempo determinato che ti hanno fottuto la vita, a inveire contro una società a cui hai dato tanto e che non ti restituisce poi molto, anzi ti porta via qualcosa senza pensarci su due volte. In questi momenti in cui la rabbia ti prende, guardo quelle foto su FB  degli amici che sono li e penso che forse sono esagerato a prendermela. I problemi sono altri, penserà qualcuno, beh ognuno ha i suoi, ma non è questo quello che conta, il vero problema è che mi hanno portato via un sogno un pezzo alla volta. La vita passa e scorre come un fiume, lasciando sulla riva pezzi di vita qua e là, scorre portandosi via i momenti, senza che possano ritornare, senza che tu possa fare nulla per arrestarlo. Questa è la rabbia che mi coglie.

Poi cerco di rivivere quell’esperienza da dentro e chiudo gli occhi e metto le mani sulle orecchie e la mia mente viaggia con i brividi sulla pelle mentre le luci della sera si abbassano sul palco e quella chitarra comincia a suonare.

Il mio pard di sempre è lì e so che lui sarà i miei occhi e le mie orecchie, come sempre, ed allora potrò dire che anche io c’ero, anche io ero li ad ascoltare quei suoni che ti fanno vibrare l’anima, sentendo il caldo che sale dal prato e le transenne che premono contro il mio stomaco, perché il rock è dentro l’anima anche se la mente e il corpo restano a guardare fuori dalla finestra in una calda notte d’estate.